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Intervento del Direttore Avv. Prof. Riccardo Bolognesi, Delegato per il XXXV Congresso Nazionale Forense di Lecce - 7 ottobre 2022

Pubblicata lunedì 10 ottobre 2022

"Accesso alla professione, Scuole Forensi ed esame di abilitazione"

Intervento del Direttore Avv. Prof. Riccardo Bolognesi, Delegato per il XXXV Congresso Nazionale Forense di Lecce - 7 ottobre 2022

"Intendo offrire il mio contributo di riflessione sul tema dell’accesso alla professione, pur non avendo proposto una mozione ma avendo letto tutte quelle presentate sui percorsi di frequenza obbligatoria delle Scuole Forensi e sulla riforma dell’esame di abilitazione, con l’esperienza di dieci anni da consigliere dell’Ordine di Roma durante i quali, con la condivisione del mio Ordine e con l’impegno di 70 avvocati docenti, ho avuto l’onore di guidare la Fondazione Scuola Forense “Vittorio Emanuele Orlando”, dell’Ordine degli Avvocati di Roma, nell’attuazione dell’art.43 della legge professionale, riempiendo le aule e coinvolgendo i tirocinanti anche quando offrivamo un percorso facoltativo, annuale, di preparazione alla professione e all’esame. 

Ci siamo riusciti applicando la metodologia casistica e non replicando lezioni del corso di laurea, muovendo da tracce di discussione o da sentenze della Suprema Corte per ricavarne i principi, esercizio utile anche per sostenere il “doppio orale rinforzato”, per ottenere l’abilitazione nel periodo pandemico “emergenziale”.

È stata ed è tuttora un’esperienza motivante.

Mi ha emozionato scoprire la centralità del tema, anche in un Congresso come questo, che ancora una volta si interroga sul presente, sul ruolo degli avvocati nella Costituzione, nel mondo reale, e sul futuro della professione, per un cambiamento sostenibile.

Il compito delle scuole forensi è aiutare i tirocinanti ad inserirsi nel percorso professionale. 

Questa è la nostra missione, indicando anche nuovi spazi di sviluppo professionale, insegnando anche le ADR, mediazione, negoziazione assistita, conciliazione e le importanti tecniche per definire e comporre le controversie lontano dalle aule giudiziarie. 

È anche l’unica via possibile per assicurare soddisfazioni e un concreto futuro alla professione di avvocato. 

Dobbiamo riportare i giovani a formarsi negli studi legali, a svolgere il tirocinio lì e non negli uffici giudiziari ex art.73 del dl 69/2013, il più grave attacco e la più grave sconfitta subita dall’avvocatura negli ultimi anni.

Quella modalità alternativa ha privato le nostre “botteghe artigiane” dei migliori giovani, della vitalità e dello slancio dei laureati con un voto di laurea superiore a 105, evidentemente offrendo molto di più il “lavoro nero” negli uffici giudiziari, senza borsa, 400 euro ai più fortunati: facilitazioni per i concorsi e un bel giudizio del magistrato formatore. Certamente più di quanto offriamo noi, testimoniando tanto sacrificio e guadagni solo in età matura, ad una generazione che non è incline ad appassionarsi al nostro lavoro.

Nelle mozioni che ho letto, ho individuato la comune e vibrante richiesta di non consentire più quella forma di tirocinio alternativo a quanti si devono preparare alla professione di avvocato, anche in considerazione dell’opzione ora offerta, ai laureati in giurisprudenza, di lavorare per un triennio, a tempo determinato, nell’ufficio del processo, peraltro senza la prospettiva di stabilizzarsi, allarme lanciato ieri nella relazione introduttiva di Sergio Paparo, coordinatore OCF.

Il mio breve intervento può essere utile a fare sintesi, ribadendo la centralità del sistema Scuole Forensi e la centralità degli Ordini rispetto a percorsi formativi che costituiscono un impegno e di un interesse centrale nella prospettiva futura della professione. 

Alarico Mariani Marini, Francesca Sorbi, Giovanna Ollà, la Scuola Superiore dell’Avvocatura, non hanno mai messo in dubbio la centralità delle scuole ordinistiche, sollecitando le convenzioni fra Ordini per i Fori più piccoli, non solo a livello distrettuale, e le convenzioni con le SSPL universitarie dove, come a Roma, ve ne sono molte a poter garantire un’adeguata offerta formativa, sul piano quantitativo, oltre che qualitativo.

In sintesi, perché il tempo è poco e per non uscire dal Congresso votando mozioni che presentano un parziale conflitto, elenco dinanzi al Congresso le mie convinzioni, ormai ben maturate, sintetizzando ciò che è maggiormente condiviso in tutto ciò che ho letto:

1. sostenere la riforma del corso di laurea che preveda l’ultimo anno professionalizzante;

2. escludere forme equivalenti di tirocinio rispetto alla necessaria frequenza dello studio legale o delle avvocature pubbliche;

3. confermare e difendere l’obbligatorietà del percorso nelle scuole forensi (previsto anche in altri paesi europei, in Francia, in Germania, in Belgio);

4. modificare, subito, il regolamento ministeriale che ha previsto verifiche semestrali intermedie e verifiche finali rispondendo a domande a risposta multipla e con le crocette;

5. esame finale, abilitante, che non sia un’avventura incerta e che si svolga presso le Scuole Forensi, coinvolgendo commissari esterni, magistrati, docenti universitari, avvocati;

6. superare il “doppio orale” emergenziale, ottimo rimedio per fronteggiare la pandemia ma inadeguato a verificare la preparazione per attività professionali e processi sempre più scritti, impegnando il candidato nella redazione di un parere (a sua scelta, in materia civile o penale) e di un atto giudiziario e in una prova orale sulle materie elettive e, ovviamente, sulla deontologia, sulle nostre istituzioni e sui comportamenti!"